sabato 30 luglio 2016

Wag your tail - Pet play & training


Dungeon, etimologia: XIV secolo, dal francese antico "donjon", colegato al latino "dominus magister". Significato corrente: una cella o una prigione oscura e soffocante così come in un castello medievale.
Per il resto vedasi il "Dizionario BDSM" di Gabbia.

Allungo le gambe sul divanetto del dungeon, poggio gli stivali sul bracciolo, la schiena sul cuscino in pelle nera, e mi godo la scena della sua trasmutazione; wag your tail, scodinzola, cagnetta, tra poco giocherò con te.
Ho un paio di regalini che ti faranno … piacere.
No, scusate, mica l'ho presa per strada la cagnetta, me la sto allevando da un po' di tempo, da quando era poco più di una cucciola, smarrita tra i meandri della sua testa perversa e nel labirinto di specchi specchiati dei suoi desideri osceni.
Pescata tra le utentesse di Gabbia, così, quasi per caso, giusto per un nickname carino che neanche lei sapeva, bene bene, che significasse.
Ci ho messo un po' per farla uscire dalla tana in cui s'era cacciata e ora eccola qui, secondo incontro, tempo di addestramento.
Lo ammetto, mi ci trovo meglio come puppy pet Handler e Trainer che come Owner. Ma si sa mai nella vita che prima o poi …
E intanto s'è sfilata la maglietta e s'è tolta il reggiseno, al centro del dungeon, luci basse basse e, in sottofondo, il silenzio assoluto del suo respiro spezzato.
Si cala anche i jeans stretti e s'impapocchia con i sandali. Prima le scarpe cagnolina! Prima le scapre, poi le braghe! Bisogna insegnare tutto alle piccine, anche se hanno ventisette anni suonati; ma quando vanno in palla sono davvero deliziosamente sciocchine, sorrido e lascio fare senza dire niente. A volte il silenzio è più tagliente di ogni tagliente ironia.
Alla fine ce la fa a venirne fuori, lancia i calzoni sulla poltrona, poi mi guarda e abbassa la testa, va a sistemarli per bene, piegarli e poggiarli come si conviene ad una educata cagnaccia. Sa già che il disordine mi rende nervoso, maledettamente nervoso, pericolosamente nervoso.
Infine gli slip, anche quelli scivolano via dalle gambe, su un piedino e fuori, su l'altro piedino, fatto, libera, passera depilata, al vento e, soprattutto, esposta al mio sguardo. Piega e poggia anche le mutande sul mucchietto ordinato di abiti.
Discola malefica, anche il piacere della punizione mi toglie.
Finalmente nuda e cruda s'inginocchia e poggia il sedere sui talloni, alluci sovrapposti, le mani in grembo, le cosce lievemente divaricate, la testa china.
Ci ha messo davvero poco.
La prima volta che ci siamo incontrati è stato, chiamiamolo così, un momento di rivelazione ma, quanta fatica farle prendere il volo. Ore e ore al cellulare. E io odio il cellulare, soprattutto se devo usarlo per farla eccitare e per farla venire. Oh! Non equivocate! Sono bravino sapete, anche in questo, ma dopo i soliti sei, sette, otto, venti, trenta, cinquanta orgasmi filmati e inviati sul mio "dispositivo" un po' tendo ad annoiarmi. L'esibizionismo guidato e le ordinate perversioni sono divertenti ma, dopo un po', ne converrete spero, questo provocare dolore e piacere in differita, annoia.
Mi alzo dal divano e le giro intorno un paio di volte, scudiscio in mano, scudiscio che accarezza la pelle, scudiscio che scorre sulla schiena, sulle natiche, sulle spalle.
Stivali lucidi, harness incrociati sull'anello in metallo scintillante, a un palmo dalla sua bocca. Odore di cuoio che violenta le narici, odore di perversione che agita l'anima e bagna la passera.
Sono cose che si sanno, in fondo, non è che ve le devo spiegare io, no? Faccio meglio figura ad insegnare ai gatti ad arrampicarsi.
Le punto lo slapper del frustino sotto il mento e la costringo a sollevare lo sguardo. E' rossa, di un rosso acceso. Le guance sono un tripudio di vermiglio e di carminio, gli occhi sono spalancati e lucidi, le labbra, puttanella oscena, dischiuse sui denti candidi.
Corpo di desiderio, desiderio che si fa corpo.
Mi fletto e le afferro il faccino con la manaccia, la costringo ad aprire la bocca e le caccio lo scudiscio tra i denti.
- Tienilo …
Annuisce.
Ora bisogna vestirla.
Ho tra i miei file almeno una doppia dozzina dei suoi orgasmi. Abbiamo iniziato piano, con carezze e con penetrazioni manuali. Lei faceva e io guardavo, in silenzio, misurandola e misurandone il livello di perversione e di oscenità.
Poi, giorno dopo giorno, le ho permesso di usare qualche oggetto in più, il suo amato vibratore, qualche molletta sui capezzoli.
Pian piano ha preso a smaniare, a contare il tempo che la separava dalla mia chiamata, il tempo che la teneva lontana dal nucleo umido e oscuro della sua anima umida e nera.
Infine le ho fatto avere qualche piccolo accessorio, le sue cosine personali, ordinate su Amazon e fatte racapitare a casa sua.
Un collare, prima di tutto.
Eccolo, lo sto slacciando e lo sto guardando. A me piace, poi ditemi voi. Pelle nera, imbottito, altro tre dita (le mie dita, diciamo cinque centimetri più o meno) e con tre anelli. Tre anelli sono fantastici. Ci puoi bloccare la testa di una persona agganciandoli a tre catene. Fine della corsa, totale e costretta immobilità.
Le alzo i capelli lunghi e sciolti, li sposto sulla spalla sinistra e le serro il collare alla gola.
Fatto.
Poi siamo andati un po' più sul pesante. Perché lei non riusciva più a trattenersi e supplicava, di giorno in giorno, di farmi divertire di più, di mostrarsi sempre più estrema, sempre più troia, sempre più cagna.
Io sono, in fondo, d'animo gentile e di cuore tenero. Mi dispiaceva deluderla.
Ho iniziato ad addestrarla così.
Sveglia quando io decidevo (sono mattiniero, sapete?) e subito collare serrato fino all'ultimo alito, clamp ai capezzoli, masturbazione mattutina, a quattro zampe, sul pavimento freddo, nuda come nuda deve essere una cagna.
Ogni sera la scena si ripeteva ma era obbligatorio tenersi addosso le mutandine e, siccome la cagnetta squirta come una fontanella, obbligo di dormire con gli slip bagnati (fradici) in bocca.
E la passerina tappata da un vibratore, di quelli carini, che stanno fermi perché entrano nella vagina ma si agganciano ad U sul clitoride, avete presente? Spento, il più delle volte. Le pile, sapete ...
- Zampa …
Mi porge la zampetta destra e le infilo il guantino. Per la cronaca si chiamano mock paw, sono in pelle nera, imbottiti e costano un bordello di soldi.
Sistemato e chiuso il primo, passiamo al secondo.
- Zampa …
La cosa si ripete, serro le cinghie del guanto, le carezzo la testolina. Brava cagnetta, ti sei meritata una coccola.
La cosa della masturbazione in diretta o semidiretta era diventata una specie di ossessione.
Le avevo proibito in modo assoluto di fare una qualsiasi cazzata del genere mentre era a lavoro o quando andava a trovare i suoi familiari ma, per il resto, tutti i posti e tutti i momenti erano buoni.
Dire che io non ci provavo gusto (un pochino) sarebbe come dire una bugia ma, insomma, siamo umani e un po' osceni anche noi sadici, ci piace usare le persone e se una persona non fa altro che supplicarti di essere usata, chi sono io per deluderla? Che diritto ho di renderla triste e malinconica?

A volte la chiamavo mentre stava con gli amici, anche in qualche pub e lei, felice, scattava nel bagno del locale, si spogliava nuda e cruda, serrava le clamp ai capezzoli, poggiava il cellulare sulla tazza del water o per terra e si masturbava, le spalle stampate alla porta del cesso, il sesso spalancato e tre, quattro dita, una mano intera che usciva ed entrava da una passera che s'era fatta, anno dopo anno di solitarie porcherie, una specie di tunnel.
Veniva in poco più di tre, quattro minuti e subito, ancora nuda e cruda mi mandava il filmato.
Aspettava che le scrivessi un complimento per la sua obbedienza, si rivestiva e ritornava, appagata e scodinzolante, dai suoi amici. Rossa e viva, vitale nella sua profonda, insanabile ed insondabile perversione.
- Pancia …
Ancora il frustino tra i denti si sdraia sul pavimento del dungeon a pancia in su.

Le infilo (un po' rudemente, lo ammetto) le ginocchiere imbottite e le faccio un paio di grattini sul pube liscio e fresco.
Mugola e si contorce, solleva le zampette sul muso e geme una qualche cagnesca oscenità.
Ho vicino a me la borsa con il mio sadomasokit (ricordate? Ne avevo parlato in un altro post), estraggo due corde, una per gamba, lego le caviglie e poi piego le zampette posteriori in un futomomo non troppo stretto, giusto quello che basta per tenerle i talloni vicino alle natiche ed evitare che poggi i piedi per terra quando gattona.
Un giro, due, tre, kannuki, altro giro, serro e chiudo la prima zampa, l'allontano, prendo l'altra, spingo lo stinco e piego, la tengo per la caviglia, apro con i denti la matassa della corda e la srotolo, altro giro, altro nodo, altre tre volute e kannuki, dentro e fuori e, infine, serro.
Fatto
Sollevandomi mi poggio con le mani alle sue ginocchia e le allargo le zampe posteriori; adorabile ranocchia, la passera, esposta e aperta, scintilla fiele di piacere e di libidine. Tentazione di calcarle uno stivale sulla gamba e stamparle un tacco sulla carne morbida e serica dell'interno coscia.
C'è tempo anche per questo, ora si deve completare la trasmutazione.
Infine mi ero rassegnato a farla venire a Milano, farle conoscere un dungeon vero ed avevamo concordato data e ora.
Ero andato a prenderla in stazione e lei, miracolo dei miracoli, era venuta davvero, davvero s'era presentata, piccina, con un meraviglioso abitino colorato, un giubottino in jeans e i suoi immancabili sandaletti.
Tipo un metro, un tappo e due dita di cagnolina, graziosa come una bambola di porcellana e con occhi che urlavano desiderio, paura, sconforto, perversione. Tutto insieme e nello stesso momento, dalle stesse pupille.
- Al piede …
Si rigira sul fianco, si alza sulle quattro zampe e si posiziona all'altezza del mio ginocchio, il frustino tra le labbra.
Scavo nella borsa ed estraggo il boccaglio, una ball gag attraversata da un morso in metallo e tenuta da cinturini di cuoio.
Poggio il boccaglio sulla sua schiena e le raccolgo i capelli in una coda, infine li chiudo con un cordino sottile, di quelli che tengo quasi sempre in tasca quando so che mi tocca incontrare belle ragazze dai lunghi capelli di seta.
Mi posiziono a gambe larghe su di lei, sovrastandola, mi riprendo il frustino, lo poggio sulla poltrona a lato, mi chino e le apro la bocca, pressando con indice e pollice sulle guance; le inserisco tra i denti il boccaglio, ben posizionato e saldo; tiro indietro i cinturini e chiudo sul quarto buco.
Quasi fatto.
Il suo primo ingresso nel dungeon l'era stato fatale. Semplicemente s'era fermata, inchiodata, sulla soglia, gli occhi sgranati, il viso estatico di una santa che vede lo splendore di un arcangelo in un buio tunnel di miniera. O qualcosa del genere.
Ovviamente l'arcangelo non ero io. Era la stanza, le catene, i pali delle sospensioni, la croce di Sant'Andrea, la panca del clinical, lo specchio impietoso e lubrico, il divano in pelle, le poltrone, le corde appese, la gabbia nera e scintillante, le decine di bacchette infilate nel cesto.
Ben arrivata in paradiso, cagnolina.
- Seduta …
Si siede sui talloni e mi guarda, la cagnetta, in attesa di altro.
Mi accoscio e le carezzo la passera, un lago caldo di umori e di desiderio.
Un dito, biricchino io, e poi due, esplorano il suo dilatato piacere. Trovano carne liscia dietro il clitoride e lì insistono qualche secondo.
- Pronta all'addestramento?
Non annuisce, non geme e non mugola.
In effetti una cagna non sa cosa significa "pronta all'addestramento?", una cagnolina vive del presente e, al massimo, può scodinzolare, se la voce del suo Trainer è allegra e gentile … e se ha una coda per farlo.
Le clamp ai capezzoli, invece, sì le capisce, capisce quelle e il guinzaglio che collego alla catenella delle clamp, al centro, dove un anello mi permette di agganciare il moschettone.
Mugola e geme, ansima e sbava. Essere portata a spasso con un guinzaglio che tira e martirizza i capezzoli, un sogno che le avevo sussurrato durante una delle sue più lunghe masturbazioni pilotate, un'ora intera di stop and go senza pietà, sospesa mille volte sulla soglia dell'orgasmo e mille volte ricacciata indietro.
Ma quando le avevo raccontato come sarebbe stata "addestrata" a tenere il passo, vabbè, anche lei è fatta di carne, lì per tenerla ci volevano i tir, altro che uno stop …
Brava cagnetta, daì!
- Al piede …
In fondo alla borsa, ancora confezionati, una ciotola e una codina, montata su di un plug di tutto rispetto, attendono di essere esposte ai suoi occhi.
E ai vostri.

________________________________

Non vi racconto del primo incontro nel dungeon, sono cose molto private, ancora più private di quelle che vi sto esponendo, proscenio, in queste righe.

Sta di fatto, o "fatto è" come dicono gli avvocati, che tornò a casa sua, al suo mare, più infervorata di prima, più animata di prima da un fuoco di perversione che le bruciava le ore del giorno e della notte.
Si amplificò e si dilatò il tempo che trascorreva nella sottomissione, alla ricerca di un limite di abiezione che le fosse, almeno, da sponda per tenere le acque in alveo.
Imparò a bere il suo stesso piscio, a bicchierate, e filmare ogni cosa perché io ne potessi prendere visione.
Le feci io da diga allo scat perché non era in mio potere garantirle immunità e sicurezza; la fermai con un ordine secco e senza remissione quando accennò a pratiche di asfissiofilia.
Volevo (e voglio) una cagna sana, in forze e piena salute. Non mi serve una malata o un cadavere, non si addestrano malati, non si fanno trottare cadaveri.
L'autodistruzione o la distruzione di una giovane femmina sana e di razza, ottimo esemplare da contest, non è prevista in nessun manuale di pet training, sicuramente non in quelli che ho letto o che intendo scrivere io.
- Via …
Strattono lievemente il guinzaglio e lo tengo in tensione fino a quando vince l'inerzia e inizia a gattonarmi dietro.
Chi addestra animali conosce la regola principe: se la bestia cede agli ordini bisogna togliere pressione, se si mantiene pressione il fastidio diventa dolore e il dolore apre le porte all'istinto di fuggire.
Un passo e poi due, mi sta dietro gattonando e non mi serve voltarmi per guardare cosa fa, il grande specchio in fondo al dungeon mi mostra il suo arrancare insicuro a pochi centimetri dai talloni dei miei stivali.
Ecco fatti i primi tre metri, con lei dietro e il silenzio profondo tra il suo respiro e il mio. Si parte subito per gli altri tre metri, lungo un altro lato del quadrato immaginario che la stanza ci offre. Il fiato le si spezza più facilmente adesso e il guinzaglio si tende un paio di volte sui capezzoli. Altri tre metri, diventa pesante e ansima un poco, ostruita dal boccaglio a morso, ma resiste. Gli ultimi tre che chiudono il perimetro del suo primo giro li fa gemendo e trainata dal bruciante morso delle clamp, sempre tese sulla carne viva dei capezzoli.
- Alt … seduta.
Si ferma e si accuccia, in ginocchio, i mock paw poggiati al pavimento, le guance rosse e gli occhi sbarrati.
Ispeziono il pube, piccola troia, indovinate come lo trovo?
- Brava cagnolina - le carezzo i capelli con la mano grondante dei suoi umori e su di lei mi asciugo - sei stata perfetta.
Scodinzolerebbe se potesse, ma non può … ancora.
- Al piede …
Si rizza, con una certa fatica, a quattro zampe e le poggio il guinzaglio sulla schiena.
Pesco la coda nella borsa, la tolgo dalla confezione, la disinfetto, prendo un preservativo e lo calo sul plug di gomma.
Poggio anche la coda sulla sua schiena e infilo un paio di guanti sanitari usa e getta molto resistenti; apro la confezione di lubrificante e inizio a lavorare il suo buchino posteriore, con calma e senza fretta.
Stranamente, nonostante si sia dedicata con ossessiva e metodica furia ad ogni sorta di autotortura sulle grandi e piccole labbra, sulla vulva, sulla vagina, il suo sedere è ancora integro, salvo da ogni manipolazione, elastico e tonico, praticamente inesplorato.
Quando anche il piacere masochistico di umiliarsi bevendo la sua pipì mentre la telecamera dello smartphone ne catturava lo sconcio divenne abitudine, fu il momento di passare alla sua depilata e sempre aperta fighetta.
Le avevo dato un paio di clamp con i pesi che associava a dure mollette in legno, di quelle che ormai non si trovano più in commercio.
Tre, quattro, cinque volte al giorno era, a volte in ginocchio, a volte a quattro zampe, obbligata ad un rito masturbatorio arricchito da clamp e collare, accompagnato da ogni sorta di autoumiliazione, da frasi sussurrate e ansimate su se stessa, sulla sua natura, sulla sua libidine animale, sulla sua troiaggine e inutilità totale, sulla sua bestiale e irrecuperabile oscenità.
Sempre meno era il tempo che la separava dall'inizio del rito agli schizzi finali che innaffiavano il pavimento, alla conclusione ovvia della sua lingua che, in primo piano, leccava dalle piastrelle il risultato limpido e puro del suo piacere.
Se era stata brava, se era riuscita anche (un pochino) ad eccitarmi guadagnava alcuni minuti di conversazione con me, che le permettevo di spendere mentre si carezzava e si masturbava ascoltando la mia voce farle i complimenti. Alcune volte lasciavo che venisse così, con calma, ansimando e gemendo ringraziamenti.
Il più delle volte chiudevo mentre era ancora a mezzo ed era per lei un rinviare al prossimo show tutto il desiderio che, nel frattempo, le si era accumulato nel ventre.
- Ferma …
Il lubrificante (base acquosa garantita dalla signorina del sexy shop e dall'etichetta) le cola tra le natiche e si accumula nel buchino ancora chiuso, a ridosso del mio polpastrello. Lo spalmo e lo spargo godendomi (anche io mi godo qualcosa, sapete?) i suoi sospiri e le sue vibrazioni di piacere, tensione, attesa.
Ancora lubrificante e carezze, le dita guantate scivolano tra buchino e passera, accarezzano il perineo, riprendono a lavorare l'ano e, finalmente, il fiore inizia a schiudersi, lei stessa spinge indietro il bacino per incontrare la penetrazione.
L'indice scivola dentro per qualche centimetro e poi ancora un pochino, attendo (e non tarda ad arrivare) la contrazione involontaria dei suoi muscoli e altro lubrificante le scorre tra le natiche, si ferma e viene inghiottito nella piccola apertura che creo spostando in basso il dito.
Altri centimetri vengono guadagnati e arrivo a fondo. Ora si tratta di lavorare senza fretta, allargare con calma, ruotare (sempre in un senso) e aprire un varco nella morbida carne.
Mugola e latra sommessamente, respira forte e i seni si aprono, aprendo con loro brucianti morsi ai capezzoli che mi giungono alle orecchie in forma di gemiti collegati ad ogni respiro.
Nonostante tutto, durante l'addestramento "by proxy" non le ho mai ordinato di farsi strada da sola nel suo buchino posteriore.
Ero solo curioso di sapere a che punto fosse con la sua relazione con se stessa da quelle parti del corpo e scoprii molto presto che neanche una candela era sufficientemente piccola per non crearle ansia e rifiuto.
Sono strane le persone, hanno un rapporto più rigido con il proprio culo che con il proprio sesso.
Forse è un retaggio culturale (non fate del facile umorismo, lo so cosa ho scritto …) o forse è genetica femminile che impone di allargare la passera e tenere strette le chiappe per non far sbagliare mira ad un possibile inseminatore distratto. O forse è solo paura legata all'idea che se una cosa che esce da lì fa tanto male magari anche quando entra fa lo stesso male.
O forse tutte le cose insieme. O forse nessuna di tutte queste cose.
Ma non per tutte è così, ho scoperto che spesso chi (donna) prova per la prima volta un orgasmo anale (e ci sono) poi tende a declassare un poco l'orgasmo vaginale/clitorideo.
Ma io non sono un fissato del "lato B", il "lato B" a me serve solo per infilare la coda.
Ho spazio sufficiente per il dito medio e ricomincio a lavorare con calma, ad introdurre di nuovo le due dita, lubrificare.
Ciò che scivola lungo le sue gambe e si ferma alle corde del futomomo forse non è solo liquido lubrificante ma non ci bado, per ora; per ora è prepararla alla sua completa caninità il mio scopo principale.
E il suo.
Sculetta un poco, giusto quel tanto che le basta per farsi mollare una sberla sulla chiappa sinistra (cosa pessima relazionarsi con un pet Trainer ambidestro) e latra un gemito dolce come una fuga d'organo.
Terzo dito, come la prima introduzione ho ruotato con calma nel suo ano ma ora si sta dischiudendo anche il dotto rettale che si allarga e si apre morbidamente senza protestare.
Le ho scritto qualche giorno fa:
"Una cagna senza coda non è una cagna"
"Cosa significa? Può essere più chiaro per favore?"
"Oggi non ti masturberai e non lo farai né domani né dopodomani"
Faccina triste e piangente sul whatsup
"Perché, cosa ho fatto di male? Dove ho sbagliato?"
"Niente, mi va bene così …
"Ma non è arrabbiato?"
"No, ti voglio carica ed eccitata per quando ci incontreremo …"
"Signore, io sono sempre carica ed eccitata, posso sapere quando potrò vederla?"
"Dopodomani, alle nove, solito treno, solita stazione, vengo a prenderti"
"E fino ad allora?"
"Goditi i tuoi ultimi giorni da vergine".

Ormai è pronta, tolgo le dita e prendo la coda, punto il plug al centro del suo buchino e spingo pian piano ma senza interruzioni fino in fondo.
Lo prende tutto, gemendo e ansimando, sculettando e spingendo indietro il bacino per assorbire ogni millimetro dell'osceno oggetto che le tappa il sedere e la promuove a cagna completa, completa di (quasi) ogni accessorio per l'addestramento.
Dalle labbra cola un filamento di bava che condensa al pavimento un piccolo lago di saliva.
Mi sollevo poggiandomi alle sue chiappe, tolgo i guanti, disinfetto le mani e torno a flettermi sulle ginocchia.
Le infilo tre dita nella vagina e la ispeziono, calda e ampia, profonda e morbida, ruoto la mano, esploro le pareti, trovo i punti in cui la liscia consistenza delle mucose mi rivelano superficiali gangli sensibili e lì mi fermo per farla tremare di piacere.
Arrivo al collo dell'utero e le carezzo con i polpastrelli la circolare sezione.
Gronda fino al polso la cascata di umori, la masturbo un poco uscendo ed entrando con quattro dita e poi cinque e poi tutta la mano fin quasi al polso.
E' vicina all'orgasmo ma non è ancora ora di venire.
Estraggo il pugno e la lascio per qualche minuto ad aspettare, così, nuda e cruda, i capezzoli clampati e la coda poggiata sulla natica destra, il guinzaglio sulla schiena.
Prendo l'ultimo accessorio, un vibratore montato su cinghiette fatte apposta per essere fissate alle zampe, in modo da non spostarsi durante la sua marcia forzata.
E' così che io addestro le mie pet: non a resistere al dolore, a resistere al piacere. Cosa ben più difficile, il più delle volte.
Ma so che lei non resisterà, non la prima volta e neanche la seconda volta, forse neanche la terza.
Pianto con una certa determinazione il coso tra le sue cosce, fisso le cinghiette e accendo il marchingegno in modo che la vibrazione sia accompagnata anche da una lieve rotazione all'interno della vagina.
Ripesco il guinzaglio, le tolgo la coda dalla natica, ora le pende tra le gambe come si conviene ad una cagnolina dabbene, e
- Via …

Strappo piano e tengo in pressione fino a quando non si decide a camminare, gattoni e senza speranza, dietro le mie scarpe.
I primi tre metri sono solo un pochino laboriosi, ma neanche tanto, è eccitata ma conta più la fatica e la mancanza d'aria che il piacere. Solo dopo la prima curva anche il lavoro del vibratore si fa sentire. E' sempre più lenta e sempre più spesso la devo trainare tirando il guinzaglio e strappando, quasi, le clamp dai capezzoli.
Geme e geme e geme e latra, latra come una cagna, sbava dal boccaglio, piange quasi, il bacino martirizzato dalla marea dell'orgasmo che le sta montando dal ventre, il sedere aperto dal plug che costringe insieme vagina e retto, le ghiandole impazzite, gli umori che si fanno cascata.
- Via, via , non osare fermarti …

Arranca ma so che presto ci vorrà qualcosa di più di un semplice ordine, di una semplice tiratina di guinzaglio.
Accenna a sedersi ma non fa in tempo neanche a pensarlo, mi giro e mi sposto al suo lato, una scudisciata forte e mirata le apre la chiappa in due, salta in avanti e la seguo con il braccio per non farle staccare le clamp.
Per un attimo il dolore ha procastinato l'orgasmo ma non sono fatti due passi che già di nuovo cede e cerca di fermarsi.
Un altro colpo di scudiscio le ferisce la natica, a pochi millimetri dal precedente, ma questa volta la reazione è meno intensa: ormai è al punto di non riuscire più a distinguere il piacere dal dolore, adesso erotizzerebbe anche una rasoiata alla gola.
Ora di darle sollievo.
- Alt … seduta.
Non fa in tempo ad obbedire e già schizza sul pavimento. In ginocchio, la testa china, i pugni serrati nei mock paw e puntati al parquet, sussultando e agitandosi come se fosse impalata a spegnimoccolo sul paracarro della statale. Oscenamente bella, splendida raffigurazione della grazia, sudata e piangente, persa e ritrovata nell'universo impossibile di ogni possibile perversione.
Poggio lo slapper del frustino sulla sua spalla mi godo la scena.
Sì, scusatemi lo sbrodolamento: sono decisamente un artista.
E poi lei, In fondo, è stata brava.
Ansimasse a voce un tantinello più bassa e latrasse meno sarebbe quasi pronta per essere esposta in qualche mostra.
Ma per un contest di dog training abbiamo ancora tanto da fare, almeno altre sei o sette sedute, forse otto, se continua a squirtare così.
Sul pavimento, tra le sue cosce allargate, un lago di piacere aspetta di essere ripulito dalla sua lingua.
_________________________

Sollevo il frustino dalla sua spalla e lo poggio sul bracciolo della poltrona.

Silenzioso ansimare, ancora respira, come può, cercando di riempire d'aria i polmoni attraverso le narici ingombre di muco.

Cola saliva dal bavaglio al mento e da lì alla pozza che le allaga il pavimento tra ginocchio e ginocchio.

Sgancio il guinzaglio e lo getto sulla poltrona
- Ferma qui …

Prendo la ciotola dalla borsa; bisogna lavarla, prima.
La lascio sola nella sua sfera di cristallina umiliazione e vado in bagno. Una passata di detersivo, due, acqua corrente, disinfettante e sciacquare abbondantemente.
Se ci tenete alla salute e alla bellezza delle vostre cagnoline cercate di non farle ammalare, almeno, non a causa dei vostri giochi.
Ma è un consiglio da Trainer a Trainer, non è legge universale. Fate come volete, in fondo, come dicono quelli che se ne "intendono", il rischio lo corrono loro, mica voi.
Torno nel dungeon e poggio la ciotola, grande, ampia e profonda, tra le sue cosce.
Le carezzo la fronte, le sistemo i capelli sudati sulle tempie, mi fletto sulle ginocchia in modo che il mio viso sia all'altezza del suo e le sollevo la testolina forzando con le dita il mento.
La guardo negli occhi e le sorrido
- Ora di fare pipì …
Mi fissa spaventata.
Ecco un'altra cosa che spesso capita alle cagnoline. Capaci di fare di tutto, di compiere le più oscene oscenità ma quando si tratta di pisciare davanti a qualcuno che le guarda, apriti cielo, sembra che debbano immolarsi per la patria.
Un aiutino se lo merita, afferro le catenelle delle clamp e strattono, con un po' di forza, a dire il vero. Forse è per questo che geme e cerca di sottrarsi ma la mossa non è furba, tirandosi indietro aumenta la trazione e si procura da sé un altro gemito, un altro spillone tra capezzolo e capezzolo.
Arrota l'aria con il naso e sbava nel boccaglio.
- Pipì … forza, non ci dobbiamo fare notte.
Il dolore al seno ha spazzato l'ultima scheggia dell'orgasmo precedente e, miracolosamente, alla fine la vescica si rilassa.
Inizia a pisciare nella ciotola e presto il rivolo diventa cascata che tintinna e gronda nell'acciaio del contenitore tra le sue cosce.
Musica, pura musica.
Aspetto che abbia finito e che anche l'ultima goccia sia colata dal suo ventre alla ciotola.
Brava bestiolina.
Allontano con cura il prezioso contenitore e le sciolgo il bavaglio. Una lieve pressione sulla nuca
- Sdraiata … lecca
Poggia i gomiti sul pavimento e solleva il culetto con la coda ancora infissa nell'ano, lecca con attenzione e passione il liquido cristallino del suo piacere mescolato alle gocce di pipì che sono schizzate fuori dalla ciotola.
E' uno spettacolo.
- Wag the tail, cagnetta, scodinzola
Stringe le chiappe e agita il culo in modo osceno, la coda segue il ritmo del suo armonico destra-sinistra e mi offre uno spettacolo che compensa ogni singolo istante passato ad istruirla, correggerla, punirla e premiarla.
Lecca il pavimento con passione, come se fosse il cazzo duro e teso di un amante desiderato da anni, che da anni sfugge al suo desiderio. Con lo stesso trasporto e desiderio con il quale una schiava imbocca il membro del Padrone ad un istante dall'orgasmo e attende d'assaporare, sulla lingua riarsa dal dolore, il piacere che le viene imposto, il liquido, il seme nel quale cercherà di annegare e soffocare.
- Alt …
Si ferma, le afferro la coda di cavallo e le tiro indietro la testa, con la punta dello stivale riavvicino la ciotola al suo muso, lasciandola però in posizione, gomiti a terra, culo in aria
- Bevi …
Non ha esitazioni questa volta, tuffa il volto nel liquido giallo e caldo della sua minzione e io mi preparo, finalmente, all'ultima espropriazione.
Mi siedo dietro il suo sedere, sulla poltrona di cuoio, comodo e sereno, sposto il guinzaglio che quasi mi capita sotto le chiappe e il mucchietto di vestiti che le ho fatto ordinare sulla seduta; in sottofondo la musica della sua lingua che lappa il suo stesso piscio, le tolgo dalla passera il vibratore.
Ancora una volta disinfetto le mani (sì, sono un maledetto ipocondriaco di merda, ho questo cazzo di difetto che non mi toglierò mai), le sollevo la coda, infilo due dita nel suo sesso ed inizio ad esplorarle il ventre.
Per un istante smette di leccare e una sberla schiaffeggia la serena sinfonia dello sciabordio di piscio sulle labbra.
Ha capito al volo (adoro addestrarla, è così … recettiva) che non le conviene smettere di bere. Non vorrei si disidratasse, povera bestiola.
Presto tutta la mano è dentro la passera e presto il carezzare mucose sensibili diventa un duro, penetrante, invasivo, fotterla.
Non demorde e non si arrende, spinta in avanti e risucchiata indietro tiene la testa nella ciotola e lappa, lappa, geme e si contorce, sculetta, cerca la mia mano ma non si allontana, il viso tuffato nel calore osceno del piscio, i capelli sulla fronte bagnati, tuffa la faccia nel liquido e succhia, un sorso alla volta, la sua umiliazione.
Lo so come ti senti ora, cagnolina.
A volte penso che siete fortunate: sprofondare nell'abiezione, respirare in una terra che a me sarà sempre negata dove siete libere di dare sfogo ad ogni stilla di piacere, ad ogni orgasmo di autodistruzione. Affondare nel nulla, del nulla riempirsi ventre e mente, del nulla aspirare la voluttà, assaporare il gusto ferroso.
A volte penso che, perse in quest'oceano di perversione, estratte dalla realtà scabrosa di un peso senza corpo siate le predilette delle Divinità perché a voi è dato di possedere, infine, un corpo senza peso.
Ma questa è filosofia.
Sta per venire ancora e ora è il momento di chiudere il gioco.
Senza estrarre la mano mi alzo dalla mia posizione e m'inginocchio al suo lato. Spingo con forza la testolina nella ciotola e contraggo in pugno la mano nella sua vagina.
Non ce la fate a contare fino a cinque, al tre, forse al quattro, viene squirtando e le lascio di nuovo il respiro. Non mi piace fare giochi di breath-play, sono troppo rischiosi, non sono per niente belli, ma tre secondi, quattro, con la faccia tuffata nel suo stesso piscio, mentre le contrazioni dell'orgasmo le riempiono le narici di orina, ecco, questi ci stanno tutti.
Schizza ancora, con forza, sulla mia mano, sul mio braccio, tra le cosce; arranca e tossisce ma l'orgasmo la travolge e l'annienta. Sussulta e si accascia sui gomiti, le gambe ancora legate nei futomomo, i talloni nudi praticamente inchiodati sotto le chiappe.
Sfilo con calma la mano dalla vagina e lascio che respiri ancora un poco.
- Ma ci vogliono almeno tre ore di macchina per portarmi a casa …
- Sì, e tre per tornare, quindi?
Mi guarda ma non può vedere i miei occhi, adoro gli occhiali da sole anche per questo.
- Signore, non credo che lei debba fare questo per me.
- Non lo faccio per te, lo faccio per me stesso. Basta che stai zitta.
- Posso farle una domanda prima di partire?
- Prova …
- Ma le cagnoline addestrate hanno un nome? Tipo, alla fine avrò anch'io un nome che non sia semplicemente cagna?
- Vedremo, forse …
- Signore … ?
- Sì?
- Lei ha già pensato ad un nome per me, vero?
- Sali in macchina e smettila di annoiarmi.
Ma perché mi capitano solo cagnette intelligenti??
Che palle!!

Nessun commento:

Posta un commento

I commenti in questo blog sono s-moderati da me stesso medesimo. Quando ho tempo li leggo e li pubblico molto volentieri anche se sono di diversa opinione rispetto la mia, sempre che siano espressi con quel minimo di civiltà che servirebbe a non far finire una discussione in una rissa da saloon.