domenica 25 novembre 2012

Sesso, kinbaku e videotape

Qualche sera fa mi è capitato di andare con un’amica in un club privée. Ovviamente - e come sempre – eravamo forniti di corde e fruste e frustini. Era la nostra “prima volta” in quel club e non sapevamo neanche se avremmo potuto tirar fuori l’attrezzatura e divertirci a “modo nostro” o se invece avremmo potuto solo scambiare qualche chiacchiera con proprietari e frequentatori, conoscere qualche persona reale fuori dall’onnipresente rete e, magari, iniziare un qualche dialogo interessante con persone in carne ed ossa.

La prima sorpresa, in fondo al corridoio a sinistra, è stata una stanza, una stanza intera, dedicata al SM con tanto di gogna, croce di Sant’Andrea, gabbia, trespolo per le sospensioni e una poltrona clinical di pelle nera da far invidia ad un film FemDom americano.
Il tutto sotto un soffitto a volta dal sapore mediamente antico come piace a me.

giovedì 7 giugno 2012

Parusia


Fluido scorrere di binari sotto ruote di treno. Acciaio che morde acciaio a centotrenta chilometri all’ora; correre restando fermi in un film proiettato dal finestrino, un film ricamato di strie d’acqua che rompono il vetro in frammenti di paesaggio.

Quando il treno si fermerà.

Ascolto musica nello scomparti- mento vuoto e aspetto che il film sfumi tra le ombre serali per chiudere gli occhi e sognare di nuovo. Sfilano campi di neve coperti da gelida nebbia; senza sosta piove.

Quando il treno si fermerà.

Lontano, lontano da tutto ascolto musica per non ascoltare le voci che parlano nelle stanze della mia mente. La tua voce, la sua voce, la vostra voce. Sono voci che mi hanno stancato. La mia voce che incessante e solerte mi parla, assume i timbri dissimili di mille altre voci, mi soffoca. Siamo le nostre parole ma se, per un attimo, riusciamo a zittirci, se, per un attimo, riusciamo a soffocarci, siamo.

mercoledì 6 giugno 2012

Florence Willson

Sconsigliata la lettura a persone facilmente impressionabili, deboli di stomaco, non profondamente sadiche non profondamente masochiste. Se andate avanti lo fate a vostro rischio e pericolo, ovvero, se non volete sentire puzza non cacciateci il naso ;-).
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Florence Willson


Il re Salomone diede alla regina di Saba quanto essa desiderava e aveva domandato, oltre quanto le aveva dato con mano regale. Quindi essa tornò nel suo paese con i suoi servi.
Primo Libro dei Re, X-13


Il ventitsette agosto 1732 i cancelli del mercato di Williamsburg, Colonia della Virgina, si aprirono nella sonnolenta indifferenza di una città soffocata dal caldo afoso di tarda estate.

Pochi, pochissimi, i personaggi che s'aggiravano, alle nove del mattino, nel recinto degli schiavi, per lo più sfaccendati e trafficanti di bassa lega, gente con scarsa moneta e poca voglia di lavorare; i mercanti importanti, quelli grossi di pancia e di borsa, stavano ancora a letto, ancora spossati dall'afa incessante, ancora stremati dall'ennesima notte insonne e per nulla ispirati dall'idea di scendere in campo fin dalle prime ore della giornata. Gli affari migliori, comunque, erano in là da venire e si sarebbero realizzati, forse, molto dopo l'ora di pranzo, con la nuova infornata d'africani stivati nel ventre del "Prince Royale" approdato due sere prima nel vicino porto di Jamestown.

Florence Willson arrivò così, tra l'annoiata curiosità di pochi sfaccendati e la prima calura del mattino, trascinata da un carretto malmesso e cigolante al quale era legata da una corta catena, fissata saldamente al collare ferreo che le stringeva la gola soffocandola ad ogni strattone.

martedì 29 maggio 2012

La vera schiava

"I AM NOT A REAL SLAVE" DAY
(Chiamata alle armi)

Mi son rotto il cazzo. Il che, fatto tutto da solo e da un presunto "Top/Dom/Master" in un sito SM ha sapore di autolesionismo ma non è così. Mi son rotto il cazzo di sentire donne (soprattutto donne) che mi raccontano dell'esistenza in vita di uomini (soprattutto uomini) che le accusano (come fosse una vergogna tra le vergogne) di non essere "vere schiave".

Davvero mi son rotto il cazzo, non me lo raccontate neanche più se no vi metto in conto il Maaloz e il ticket per la gastroskopia.

Non ve ne faccio una colpa, siamo chiari, nessuna colpa deriva dal frequentare un ignorante presuntuoso se non sai che stai frequentando un ignorante presuntuoso. Il problema non sta qui. Il problema sta nel fatto che non ci vuole una laurea in legge, una specializzazione in sessuologia e un master in psicologia (ahahah ... che ridere :-|) per capire che stiamo ben oltre la barzelletta. Qui, su questa cosetta, una volta tanto, basterebbe il famigerato buonsenso e tutto sarebbe finito già prima ancora d'iniziare.


martedì 1 maggio 2012

Vaniglia, un racconto di redenzione


Vaniglia, in inglese vanilla, è la parola usata dai praticanti sadomaso per indicare tutto ciò che non è sadomaso, il sesso non sadomaso, le relazioni non sadomaso, i giocattoli erotici non sadomaso, i rarissimi e misconosciuti videoclip di Lady Gaga non sadomaso.

Mi hanno chiesto di scrivere un racconto erotico totalmente vanilla, una storia che non avesse niente di sadomaso, nessun accenno, nessuna allusione, nessuna suggestione, nessun riferimento al sadomaso: un editore non dovrebbe avere il diritto di torturare così i suoi autori, non sempre almeno, non tutti almeno, non me … per certo.


Possessione

Il sole d’ottobre sguscia radente tra i palazzi del centro, sconfigge e spazza la tenue resistenza dell’aria, gioca tra le tue ciglia e si frantuma nel verde dei tuoi occhi, scintillando schegge di luce fino al mio cuore.
Mi ferisce la tua bellezza, la tua quieta e inarrivabile bellezza, i tuoi capelli neri come il peccato, le tue labbra rosse come petali straziati di rose, la tua pelle bianca, immacolata, senza nei, senza imperfezioni, marmorea e diafana fino alla freddezza, solcata da linee immaginarie di desiderio, del mio desiderio.

Seduta al tavolo dinnanzi al mio mi sei panorama ed orizzonte. Bevi il tuo improbabile cappuccino e leggi, con attenta distrazione, un orario ferroviario. Sembri assorta nel nulla di numeri e stazioni, numeri e orari ma di tanto in tanto, come richiamata dal mio desiderio, abbandoni il tuo nulla di arrivi e partenze, alzi lo sguardo al mondo e punti le tue armi assassine, i tuoi occhi avvelenati di promesse, nei miei occhi scavando, impietosa, nell'infruttuosa ricerca della mia anima.