venerdì 9 dicembre 2011

L'isola non trovata




Ma bella più di tutte è l'isola non trovata
quella che il re di Spagna ebbe da suo cugino, il re del Portogallo
con firma suggellata e bolla del Pontefice in gotico - latino.


Tra la lussuria e il fato apre le ali e vola l'angelo del peccato, apro gli occhi al giorno del giorno in cui son nato, apro le mani agli inferi in cui mi son dannato. Penzolo su spalti tra cadaveri contorti, mentre urlo la morte rispondon solo morti.



Il re di Spagna fece vela
cercando l'isola incantata
però quell'isola non c'era
e mai nessuno l'ha trovata.


Partire e non restare, partire nella nebbia e nella nebbia andare, tra la nebbia fitta farsi dimenticare. Vagheggio, ancora a mezzo tra l'incubo del sogno e quello aduso e gelido del viver d'ogni giorno. Un'isola incantata tra carte d'altri tempi è l'isola dell'anima senza dividendi, senza rattoppi e strappi, senza memoria e lutti. Alzo la mano e guardo se ancora sono vivo, se resto morto ancora: bianca, bianca di freddo intenso, bianca di fermo nulla che porta ogni giornata sull'orlo dell'abisso negando l'impresa eroica di fare un altro passo. Giorno per giorno al limite, giorno per giorno intorno, giorno per giorno ancora ...  aspetto il giorno appresso.

Svanì di prua dalla galea
come un'idea, come una splendida utopia
è andata via, non tornerà.
Alzo dal letto sfatto la schiena e la memoria, alzo dal letto gelido i gelidi pensieri. L'incubo consueto, mio compagno antico, pian piano si dissolve oltre la porta aperta, verso la stanza in fondo verso quel caldo sole che illumina la vita di chi non vuol vedere. Chiudo gli occhi e conto passi che saranno, forse, consueti e millenari fino alla mia morte. Mi chiedo in questo gioco se infine troveranno il corpo mio svuotato com'ora sulla soglia o in mezzo al corridoio, sul letto sfatto e freddo o dentro al gabinetto. Arrivo, guardo con attenzione, prendo la mira e piscio.

Le antiche carte dei corsari
portano un segno misterioso
ne parlan piano i marinari
con un timor superstizioso
nessuno sa se c'è davvero o è un pensiero
se a volte il vento ne ha il profumo
è come il fumo che non prendi mai.
Andare ogni mattina e ogni mattina, ancora, combattere e trovare due motivi in croce per ricominciare, ma quanto può durare? Chi gioca con noi, giocattoli di nervi? Chi ci guarda e ride guardandoci soffrire? Tra la lussuria e il fato apre le ali e vola l'angelo del peccato. L'han detto bello e splendido di luce immacolato eppure più di uno ne restò accecato. L'han detto crudele e gelido nell'antro dei dannati eppure tra carni e gemiti non sento freddo e caldo solo un volar di demoni e vele gonfie al vento. Se caldo e gelo esistono, dolore e dannazione, piacere e tentazione oltre la nebbia fitta, oltre l'Orsa e Orione, conduce il galeone.

Appare a volte avvolta di foschia magica e bella
ma se il pilota avanza su mari misteriosi
è già volata via tingendosi d'azzurro, color di lontananza.
Guardo allo specchio, stanco di guardar quel volto che fu giovane ma per pochi anni. Ora che conosco vorrei non saper niente, ora che ho imparato vorrei dimenticare. Eppure in un momento mi dico fortunato. Almeno so, per certo, che l'isola incantata esiste oltre la prua, è lì che va cercata. Voi che mi leggete, voi che lo sapete, abbiate adesso, ora, il minimo coraggio di fare un salto ardito, volate su quel ponte e andate alla ricerca oltre le nubi basse oltre la vita grama del viver quotidiano. Ve lo dico io, fate quel salto ora se ancora ci tenete, è triste cosa (invero) per un corsaro nero essere impiccato a un nodo di cravatta.


Guardo allo specchio e, amaro, rido: almeno quello, adesso, me lo so far da solo.

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